Una delle teorie più accreditate sulle origini del narcisismo sostiene che il bambino sia cresciuto in un clima familiare nel quale l’amore era condizionato dalle prestazioni.
I genitori si sarebbero quindi aspettati da lui risultati eccellenti in qualsiasi ambito, trasmettendo il messaggio che ottenere risultati mediocri, o anche solo sufficienti, sarebbe equivalso ad essere non amabili, inadeguati, sbagliati. Potrebbe essere stato insegnato a quel bambino che l’amore è uno stato provvisorio o contingente e, di conseguenza, il bambino potrebbe essere stato manipolato al fine di credere di poter ottenere un riscontro affettivo solo laddove i suoi risultati avrebbero incontrato le aspettative grandiose dei genitori. In tal senso, i genitori vanno a ricercare il proprio senso di orgoglio e di autostima nei successi del bambino; la conseguenza diretta di tale stile relazionale implica il fatto che al bambino viene impedito di mettere in imbarazzo i propri genitori con prestazioni imperfette.
Tale scenario può essere amplificato dal diverso stile relazionale di ogni genitore. Di frequente, questi bambini vengo iper criticati da uno dei due genitori e gli viene trasmessa la sensazione che tutto ciò che fanno non sia mai abbastanza buono. In altri casi, ci si può trovare di fronte ad un bambino iper idealizzato, iper protetto, o utilizzato come surrogato affettivo per compensare le carenze dell’altro coniuge. Questi bambini possono mostrarsi rispondenti alle esigenze ed alle aspettative dei genitori, al fine di ricevere le loro attenzioni e schivare così eventuali critiche e senso di vergogna. In risposta a questa profonda deprivazione emotiva, la manipolazione, il controllo ed il soffocamento del Sé del bambino determina un approccio alla vita caratterizzato da una serie meccanismi difensivi drammaticamente patologici: “io non ho bisogno di nessuno”, “non posso fidarmi di nessuno”, “mi prenderò io cura di me stesso”, “ti dimostrerò quanto valgo”.
Questo bambino non è mai stato amato nella sua autenticità, non è stato incoraggiato a scoprire le proprie inclinazioni, non è stato tenuto al sicuro in un abbraccio protettivo e stabile, non gli è stato insegnato a mettersi nei panni di qualcun altro o a percepire la vita emotiva interiore di un’altra persona. Tutte le interazioni personali sono state caratterizzate dall’assoluta mancanza di empatia. In sostituzione di questo, il bambino ha invece vissuto un profondo stato di vergogna ed un senso di inadeguatezza costante, entrambe determinate dalle critiche continue e dalla mancanza di nutrimento psicoaffettivo. Gli è sempre stato fatto sentire che c’era qualcosa di profondamente sbagliato in lui, traducendo come debolezza i suoi bisogni di attenzione, protezione ed affetto. Per difendersi da tutto il dolore associato a questo stile di attaccamento, il bambino ha sviluppato una serie di meccanismi difensivi di cui il Disturbo Narcisistico di Personalità rappresenta l’esito più drammatico.
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